Circolari ENS
Le sordità possono comportare disturbi nel linguaggio verbale con ricadute sugli apprendimenti scolastici, legate alla limitata competenza linguistica nell'italiano parlato e scritto. L'esperienza è fondata sull'obiettivo di consentire agli alunni con sordità e con limitata competenza linguistica nella lingua italiana verbale e scritta un progressivo cammino per accedere ai contenuti direttamente dal testo scritto e senza la mediazione degli operatori scolastici.
Gli alunni sordi, a seconda del grado scolastico e delle caratteristiche individuali, possono incontrare molte difficoltà a livello scolastico. Una didattica visiva e specializzata, nonché insegnanti preparate e competenti, possono notevolmente ridurre gli ostacoli che gli studenti sordi incontrano sul loro cammino.
Dunque in generale quanto detto, se l’alunno presenta solo la sordità potrà assolutamente seguire il programma della classe seppur con un PEI appositamente pensato per il suo deficit specifico; se viceversa oltre alla sordità sono presenti altri deficit, disturbi associati sindromi con disabilità intellettiva bisognerà valutare e prendere in considerazione un adattamento/riduzione dei contenuti didattici e dei programmi a seconda delle necessità dell’alunno.
Così come nel considerare le necessità cognitive, didattiche e psicologiche dell'alunno sordo non si può considerare solo la sordità, allo stesso modo nel considerare il personale necessario a seguire l'alunno e' necessaria una certa elasticità.
Da quanto detto fino ad ora potrebbe sembrare che la persona sorda con competenza linguistica non abbia nessun problema: no, è vero, verissimo che anche chi ha competenza linguistica necessita di supporti? ma d'altronde chi è che non ha bisogno di nessun supporto?
Spesso gli operatori sanitari e scolastici chiedono precise indicazioni operative su cosa fare e mai sul perché fare. Richiedono ricettari, formulari, pacchetti “all inclusive”, materiale già pronto. Ogni caso, ogni alunno ha una sua storia, caratteristiche a lui peculiari e prescindenti dal deficit uditivo e non esistono ricette universali. L'insegnante inizialmente deve constatare la situazione linguistica e cognitiva dell'alunno e adattare ad essa tutti i propri strumenti didattici.
Lo studente sordo non va trattato come se fosse uno studente straniero che non parla l'italiano (altrimenti il problema non esisterebbe); se l'alunno purtroppo non ha competenza linguistica si può comunque lavorare su una competenza verbale dall'importanza tutt'altro che trascurabile, soprattutto con un approccio che non sopravvaluti o sottovaluti la sordità e le sue conseguenze ma riesca a darle il giusto peso.
In realtà gli insegnanti dispongono già di tutto ciò di cui c'e' bisogno per lavorare con l'alunno sordo, la lingua, la lingua e la lingua.
La competenza linguistica dei bambini sordi nella lingua parlata e scritta è mediamente migliore rispetto al passato La maggior parte dei bambini con sordità profonda riceve un Impianto cocleare Solo il 50-60% rientra nei limiti della “norma” e riesce a padroneggiare in modo completo la lingua parlata e scritta.
La variabilità nelle competenze linguistiche in Italiano dipende da:
- Presenza di altre disabilità (spesso diagnosticate tardivamente e a volte senza una reale diagnosi)
- Età della diagnosi, protesizzazione e intervento clinico
- Tipo di protesizzazione o impianto cocleare
- Recupero uditivo
- Metodo logopedico
- Esposizione alla LIS
Le difficoltà del bambino sordo a scuola sono seguenti:
- • Accesso agli apprendimenti scolastici: italiano materia trasversale
- • Socializzazione e Comunicazione con coetanei e adulti (soprattutto dalla scuola media)
- • Carenze strategiche della comunicazione e didattica da parte degli insegnanti (un handicap poco conosciuto)
Nonostante le diversità individuali, i vari livelli culturali, gli anni di riabilitazione e l’allenamento personale, sembra che le persone sorde raggiungano difficilmente una competenza linguistica, parlata e scritta, pari a quella delle persone udenti madrelingua. Concludiamo che lo studente sordo, rispetto all’udente, procede infatti con un ritmo più lento e permane più a lungo nella fase degli “errori”, proprio perché per lui il linguaggio è frutto di un apprendimento e non di una acquisizione spontanea.
Solitamente la famiglia può essere lasciata sola. La migliore informazione, il miglior sostegno, il migliore aiuto, la migliore terapia, il miglior consueling è quello di mettere a disposizione subito alla famigli sono i servizi e il personale efficiente, questo per ottenere i risultati immediati, evitare sensi di solitudine, d’angoscia, di sfiducia, di chiusura e di colpa. I primi passo che introduce nella comunità degli udenti il bambino sordo è il suo inserimento a scuola.
Il ruolo del contesto sociale va fatta la distinzione tra i genitori sordi segnanti, genitori sordi non segnanti, genitori udenti segnanti ed genitori udenti non segnanti dei bambini sordi.
Nasce le differenti percorsi educativi, le difficoltà e le risorse rispetto al cammino dello sviluppo comunicativo e per facilitare la comprensione di tali percorsi differenziati.
A confronto dello sviluppo comunicativo del bambino sordo con i genitori udenti, può rimanere per lungo tempo in ambiente sociale privo di strumenti adeguati per condividere con lui i discorsi sul mondo fisico e mentale della vita di ogni giorno. In conclusione questo bambino spesso si sente emarginato ed escluso dalla comunicazione verbale che gli udenti usano con lui e tra di loro, l’esclusione può generare problemi di ritardo linguistico; dall’altro la mancata esposizione a una lingua dei segni che invece potrebbe acquisire senza difficoltà. La lettura labiale non può sempre essere in aiuto per i bambini sordi perché non sono in grado di riconoscere i sillabi o le parole dal movimento delle labbra.
Con la legge n. 517 che fu emanata nel 1977, la politica statale d’integrazione fu definitivamente regolarizzata: i genitori dei bambini sordi si prospettavano due possibilità di scelta tra la scuola speciale e la scuola “normale” (inserimento in una scuola per udenti). La famiglia del bambino sordo è posta davanti a un grave dilemma: si trova nella situazione di dover scegliere tra l’integrazione del proprio figlio in una scuola pubblica e a comportarsi in maniera normale rifiutando e allontanando, così, una diversità che spaventa e che inevitabilmente porterebbe ad un’esclusione ed incomprensione da parte della comunità udente e della sua stessa famiglia; e l’inserimento del bambino in una scuola speciale, dove sì, verrà seguito da esperti e potrà trovarsi a suo agio tra bambini con il suo stesso deficit, insieme ai quali potrà sentire parte attiva e partecipe di una comunità a sé stante, ma che, proprio per questo sentirsi un diverso, un estraneo all’interno della famiglia e nello scontro con la maggioranza udente.
L’arrivo del bambino sordo in una famiglia udente influenza tutta la famiglia.
L’evoluzione della relazione tra genitore e bambino è una combinazione delle caratteristiche iniziali dei genitori e del bambino e del rapido apprendimento che si verifica in entrambi.
E’ molto importante che genitori e figlio si sintonizzino l’uno sull’altro, attraverso lo sviluppo di sincronia e reciprocità, dove per sincronia si intende la forte correlazione tra il comportamento della madre e quello del figlio ed il loro convergere in una routine comune di interazione. Per reciprocità si intende una specie di simbiosi tra madre e bambino. La madre ed il bambino si stimolano e si rispondono vicendevolmente, sviluppano modalità reciproche di scambio che sono generalmente molto diverse da quelle che si verificano tra il bambino ed altre persone. Queste prime interazioni costituiscono la base del successivo attaccamento e del legame che si stabilisce tra madre e bambino. Molti studi hanno descritto le interazioni comunicative nelle diadi formate da madri udenti e bambini sordi.
Le indicazioni delle ricerche condotte con i bambini in età prescolare e dei primi anni di scuola rivelano che, rispetto alle madri di diadi in cui entrambi i componenti sono sordi o udenti, le madri udenti di bambini sordi sono più spesso intrusive, tese e direttive nelle interazioni verbali e non verbali.
Le madri che non hanno training di comunicazione manuale sembrano anche esercitare un controllo maggiore sul comportamento dei propri figli sordi.
Le madri che invece hanno individuato un canale efficace di comunicazione con proprio figlio hanno probabilmente un bisogno inferiore di esercitare tale controllo e, soprattutto, delle sue manifestazioni fisiche.
Inoltre la famiglia deve collaborare attivamente alla riabilitazione logopedia, soprattutto la madre, che deve continuare a casa i compiti assegnati dal logopedista. E’ per questo motivo che spesso la figura materna tende ad essere percepita in modo più diretto, ed il ruolo di mamma si mescola con il ruolo di terapista.
I corsi di sensibilizzazione sono uno dei strumenti molto importante, che le Sezioni dell’ENS (Ente Nazionale Sordi) hanno per avvicinare un sempre maggior numero di persone del proprio territorio alla conoscenza della Comunicazione, della Vita Sociale, della Lingua e della Cultura dei Sordi. Questo è molto importante sia perché favorisce una migliore integrazione sociale e culturale, anche in ambito familiare, educativo, scolastico e professionale.
L’intervento è una specie di guida per le famiglie che possa offrire una consulenza medica, logopedica, educativa e psicologica, per creare un sostegno reale e su qualsiasi aspetto migliore della vita del bambino e della sua famiglia.
Il sostegno e la consulenza sono a beneficio di tutto il nucleo affettivo, per sviluppare una comunicazione eguagliata fra tutti i membri della famiglia, per agevolare le scelte difficili e giuste, per comprendere appieno le necessità e i bisogni di tutti.
Sempio O. L., Marchetti A., Lecciso F., Petrocchi S., Competenza sociale e affetti nel bambino sordo, Carocci, Roma, 2006;
Zuccalà A., Cultura del gesto e cultura della parola, Meltemi, Roma, 2001.
PSICOLOGO
Professionista che studia i processi mentali e cognitivi, consci e inconsci, degli esseri umani, secondo diversi orientamenti teorici e metodologici. Può utilizzare le sue competenze in molti ambiti diversi, in questo caso, educativo, nell’orientamento scolastico e professionale. C’è poca differenza tra lo psicologo
sordo e lo psicologo udente, l’importante è con il paziente sordo si lavori utilizzando e condividendo uno stesso linguaggio. Il paziente sordo può avere più facilità ad identificarsi nte con lo psicologo sordo. é fondamentale che anche gli psicologi udenti utilizzino bene la Lingua dei Segni nel momento in cui lavorano con pazienti sordi segnanti.
NEUROPSICHIATRA INFANTILE
Medico specializzato nella prevenzione e cura delle anomalie dello sviluppo del bambino e dell’adolescente. Egli lavora solitamente presso le Asl (Agenzie Sanitarie Locali) dove svolge prevalentemente un lavoro clinico che lo porta a diretto contatto con i pazienti.
LOGOPEDISTA
Elabora, anche in equipe multidisciplinari, il bilancio logopedico volto all’individuazione e al superamento del bisogno di salute del disabile. Pratica autonomamente attività terapeutiche per la rieducazione funzionale delle disabilità comunicative e cognitive, utilizzando terapie logopediche di abilitazione e riabilitazione della comunicazione e del linguaggio, verbali e non verbali. Propone l’adozione di protesi ed ausili, ne addestra all’uso e ne verifica l’efficacia. Svolge attività di studio, didattica e consulenza professionale, nei servizi sanitari ed in quelli dove si richiedono le sue competenze professionali. Verifica le rispondenze della metodologia riabilitativa attuata agli obiettivi di recupero funzionale.
EDUCATORE SORDO
L'educatore sordo è, per il bambino sordo, un supporto indispensabile per la costruzione della propria identità e agisce come uno specchio nel quale il bambino sordo vede riflesso il proprio futuro come individuo adulto realizzato. Si tratta di un modello guida nei riguardi del quale il bambino si pone a confronto per costruire la propria personalità. Stimolare il confronto, lo scambio di conoscenze e la condivisione di esperienze per far superare al bambino l’equivoco di sentirsi “sordo unico al mondo e per questo solo”
ANIMATORE SOCIO-CULTURALE
L’animatore attiva processi di promozione della partecipazione sociale e di sviluppo delle potenzialità delle persone, dei gruppi e delle comunità territoriali, operando prevalentemente nelle situazioni di disagio e di emarginazione delle fasce più deboli, con problemi di autonomia e di socializzazione. In particolare, promuove i processi di attivazione del potenziale ludico, culturale, espressivo, relazionale ed educativo. Capacità di operare nei settori dell’educazione extrascolastica sia in progetti e servizi che integrano in continuità l’azione della scuola, sia in attività che aprono orizzonti all’azione educativa valorizzandone potenzialità di prevenzione del disagio e sulla base di progetti (individualizzati o di comunità) predisposti dagli operatori di riferimento, la partecipazione e l’aggregazione sociale degli utenti.
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