La nascita di un bambino sordo è un evento traumatico per la famiglia udente che, a differenza di quella sorda, non è minimamente preparata ad un’evenienza del genere. Le prime esperienze dei genitori di un bambino sordo sono facilmente prevedibili e quasi universali. La sordità viene raramente presa in considerazione dai genitori o dal pediatra a causa della bassa incidenza statistica
e dalla scarsa sintomatologia quando il bambino è piccolo. Dopo la conferma della diagnosi, le reazioni dei genitori sembrano di seguire diverse fasi:
- Reazione di disperazione;
- Stato di shock;
- Ammissione;
- Rifiuto;
- Presa di coscienza;
- Azione costruttiva.
All’inizio i genitori sono inconsapevoli di qualsiasi possibile “difetto” nel loro bambino. In seguito, comunicano a sospettare vagamente che qualcosa non funzioni. Finché a un certo punto diventa impossibile ignorare la realtà e cominciano a mettere alla prova di nascosto il bambino. Dopo aver consultato il pediatra, i genitori arrivano in un centro audiologico, dove la diagnosi di sordità viene definitivamente confermata. E’ solo quando si rendono conto che il bambino è sordo e tale rimarrà, i genitori incominciano a mostrare segni di disperazione. Successivamente si attraversa la fase dell’ammissione, durante la quale i genitori cominciano a rendersi conto della terribile gravità della situazione e a recepirla emotivamente. A questo punto ha inizio per i genitori una reazione di disperazione violenta, che comporta l’emergere di sentimenti molto intensi. Una delle sensazioni dominanti è quella di sentirsi totalmente sopraffatti e inadeguati al compito di allevare il loro bambino che presenta un deficit così importante. Quando poi si trovano di fronte ad un figlio che ha esigenze particolari da soddisfare, essi si sentono ancora più sopraffatti ed inadeguati a svolgere il compito genitoriale.
Un’altra reazione frequente dei genitori è totale confusione; è facile infatti che gli specialisti dimentichino quanto è ermetica la loro terminologia professionale. Quasi sempre i genitori non hanno nessun bagaglio di nozioni sulla sordità, sull’educazione e sulla vita sociale di una persona sorda, perciò non possono valutare la qualità delle informazioni che ricevono dagli specialistici, parenti e amici; il risultato è la confusione totale che spesso sfocia in una reazione quasi di panico.
Infine la rabbia viene interiorizzata dai genitori: questo stadio si manifesta con uno stato depressivo. Oltre al sentimento di impotenza e di frustrazione vengono assaliti dal senso di colpa, specialmente nella madre, che ha avuto la responsabilità di portare nel grembo il bambino durante la gravidanza, ed hanno bisogno di scoprire la “causa” e di stabilire chi ha la “colpa” della minorazione del figlio.
Dopo lo stadio di disperazione attiva, i genitori passano attraverso una fase di chiusura difensiva o di rifiuto. Questa reazione è in realtà un meccanismo di protezione per ridurre l’estrema tensione raggiunta durante lo stadio di ammissione. Il rifiuto può esprimersi in vari modi, uno di questi è l’illusione volontaria da parte del genitre che la malattia del proprio figlio sia solo un incubo da cui si sveglierà presto o che ci sia un rimedio. Il rifiuto deve essere trattato sia dai genitori che dallo specialista come uno stadio normale della fase di disperazione. E’ anche vero che i genitori possono bloccarsi allo stadio del rifiuto tanto da non riuscire ad elaborare un efficace programma riabilitativo e conseguentemente ciò comporta gravi ripercussioni sul suo sviluppo psico-fisico tanto da impedirne un buon inserimento sociale. La fase finale del processo di disperazione è l’azione costruttiva o adattamento. In questa fase carica di ansia ma anche di energia, i genitori ristrutturano il loro sistema di vita e riesaminano la loro scala di valori. Gran parte di questo stadio è altamente positivo. Si nota tra i genitori di bambini sordi la necessità di confessare pubblicamente la loro condizione. Nel rapporto di consulenza con lo specialista prima, poi nelle riunioni di gruppo con altri genitori e infine in situazioni della vita di tutti i giorni, i genitori incominciano poco a poco a parlare liberamente ed apertamente della sordità del loro bambino, escono in un certo senso dalla “clausura” e prendono coscienza della loro condizione di genitori di un bambino disabile.